Un
passo indietro per la democrazia, non per la partitocrazia
Si
vota oggi per il rinnovo della Provincia di Verona.
Ricorderete
le polemiche circa l'utilità dell'Ente provinciale; vanno avanti
praticamente dal 1970, anno di costituzione delle Regioni ordinarie
come Enti.
Ebbene,
il nostro legislatore – sulla proposta del braccio destro di Renzi,
Graziano Delrio – non ha abolito (o ridotto) le province ma, in
buona sostanza, solo il diritto dei cittadini di votare per i propri
rappresentanti provinciali.
Siamo
tornati di fatto alla Prima Repubblica perché i Presidenti non li
eleggono più i cittadini, bensì i sindaci e i consiglieri comunali
(gli assessori, anche se eletti con centinaia di preferenze, nelle
cittadine con più di quindicimila abitanti non votano).
Per
rendere ancora più incredibile la discrasia tra elezione diretta dei
sindaci ed elezione di secondo livello per la Provincia, troviamo
altre differenze anche sulla durata del mandato.
I
sindaci durano in carica cinque anni? Bene, il mandato del Presidente
della Provincia sarà di quattro anni e quello dei consigli
provinciali di due anni!
Hai
voglia a quanti bei casi di ingovernabilità si verificheranno nel
caso il Presidente eletto avrà a che fare, dopo due anni, con un
rinnovato consiglio provinciale.
Peraltro
di cosa si occuperanno le nuove Province?
“Programmazione
e pianificazione in materia di ambiente (evviva la sovrapposizione
con i compiti di pianificazione delle Regioni!), trasporto, rete
scolastica, elaborazione dati, assistenza tecnico‐amministrativa
per gli enti locali (serve un organo politico per fare 'sta roba
qui?), gestione dell’edilizia scolastica, controllo dei fenomeni
discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari
opportunità sul territorio provinciale” (sic!).
Sono
contento di non essere più consigliere comunale se non altro per non
dover votare in questo schifo di elezioni.
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