Lorenza se n’è andata in silenzio come, in fondo,
silenziosamente ha sempre vissuto.
Ai miei tempi era la bidella tuttofare della palestra del
Liceo Cotta.
Ecco, lei non solo si curava che il parquet fosse sempre
pulito e che i palloni fossero riposti nello sgabuzzino sotto le tribune.
Ma conosceva per nome (e soprannome) praticamente tutti gli
studenti, con una certa predilezione per i più vivaci.
Io, che modestamente facevo parte degli scalmanati, finivo
spesso nel suo mirino.
Ricordo il suo sorriso dopo la tempesta quando tentammo di
chiudere la scuola con dei lucchetti o quando ancora, stanchi di "gitarelle
fuori porta" per saltare le ore di lezione di scienza della terra (sul titolo della
materia non ci giurerei, visto che il libro non l’ho mai aperto), decidemmo di
eleggere la palestra nostro perpetuo rifugio.
Negli ultimi anni, trascorsa una vita da quei meravigliosi momenti
di spensierata giovinezza, ogni tanto sono andato a trovarla, a causa delle
partitelle tra scapoli e ammogliati che disputavamo la sera in palestra.
Ormai, con l’immancabile Rino, era un raro punto di
riferimento degli studenti della mia generazione. Non che le facesse piacere sentirselo
ricordare. Anzi, stramalediceva la burocrazia che non le aveva consentito di
andare già in pensione.
Con Lorenza si parlava dei tempi andati e del Vice, al
secolo il “Profe” Paolo Vicentini, a cui lei era molto affezionata e che era
deceduto, qualche anno prima, troppo giovane, per un male incurabile. Lo stesso male che – malvagità del destino – avrebbe finito per colpire anche lei a distanza
di un pugno di mesi dal suo pensionamento.
Ciao Lorenz, oggi la chiesa di San Pietro era stracolma di
amici, assiepati in ogni dove, anche sui gradini esterni.
E si respirava tanto Cotta. Quell’esperienza in ogni caso straordinaria che,
anche grazie a te, non morirà mai in ciascuno di noi.
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