venerdì 18 aprile 2008

RIVALUTARE IL MEDIOEVO

Se vi dicessi che c'è in Europa un Paese dove non esiste la disoccupazione, non esiste il lavoro precario, non esiste il problema dei pendolari, non esiste l'inflazione, dove le tasse sono al 10\%, dove ognuno possiede una casa e quanto basta per vivere e quindi non ci sono poveri, mi prendereste per matto. E avreste ragione. Perchè questo è il Paese che non c'è. Ma è esistito. E' esistito un mondo fatto così. E si chiama Medioevo Europeo.
La disoccupazione appare, come fenomeno sociale, con la Rivoluzione industriale. Prima, con una popolazione formata al 90/95\% da agricoltori e artigiani, ognuno, o quasi, viveva sul suo e del suo, aveva, nelle forme della proprietà o del possesso perpetuo, una casa e un terreno da coltivare. E anche i famigerati 'servi della gleba' (i servi casati), comunque una realtà marginale, se è vero che non possono lasciare la terra del padrone non ne possono essere nemmeno cacciati. Non esisteva il precariato perchè il contadino lavora tutta la vita sulla sua terra e l'artigiano nella sua bottega che è anche la sua casa (per questo non esiste nemmeno il pendolarismo). Il giovane apprendista non percepisce un salario, ma il Maestro ha il dovere, oltre che di insegnargli il mestiere, di fornirgli alloggio, vitto e vestiti (due, uno per la festa, l'altro per i giorni lavorativi; ma, in fondo, abbiamo davvero bisogno di più di due vestiti?). Dopo i sette anni di apprendistato il giovane o rimarrà in bottega, pagato, o ne aprirà una propria. Senza difficoltà perchè c'è posto per tutti. Gli statuti artigiani infatti proibiscono ogni forma di concorrenza e quindi, di fatto, la formazione di posizioni oligopoliste. Per tutelare però l'acquirente (oggi diremo 'il consumatore') gli statuti stabiliscono regole rigidissime per garantire la qualità del prodotto.

Nelle campagne il fenomeno del bracciantato si creò quasi a ridosso della Rivoluzione industriale quando i grandi proprietari terrieri cominciarono a recintare i loro campi (enclosure) rompendo così il regime delle 'terre aperte' (open fields) e delle servitù comunitarie (ad uso di tutti) su cui si era retto per secoli lo straordinario ma delicato equilibrio del mondo agricolo. Per molti contadini, non avendo più il supporto delle servitù, la propria terra non era più sufficiente a sostentarli. Ma fu un fenomeno tardo. Perchè la concezione di quel mondo, contadino o artigiano, era che ogni nucleo familiare doveva avere il proprio spazio vitale. Scrive lo storico Giuseppe Felloni: "Le terre sono divise con criteri che antepongono l'equità distributiva all'efficenza economica".

Le imposte, comprendendovi quelle statali, quelle dovute al feudatario, nella forma di prelievo sul raccolto e di corvèes personali, la 'decima' alla Chiesa, non superarono mai il 10\%. E' vero che anche i servizi erano minimi, ma per molti aspetti di quello che noi oggi chiamiamo 'welfare' sovveniva la Chiesa, naturalmente nei modi consentiti dai tempi.

Non esisteva l'inflazione. I prezzi rimanevano stabili per decenni. Una delle rare eccezioni fu la Spagna degli inizi del XVII secolo a causa dell'oro e dell'argento rapinati agli indios d'America. E nel suo 'Memorial' Gonzales de Collerigo scrisse con sarcastica lucidità: "Se la Spagna è povera è perchè è ricca". Che è poi la paradossale condizione in cui si trovano molti Paesi industrializzati di oggi.

In quel mondo, per quanto a noi appaia incredibile, non esistevano i poveri. Il termine 'pauperismo' nasce nell'opulenta Inghilterra degli anni '30 dell'Ottocento. Fu Alexis de Tocqueville, uno dei padri del mondo moderno, ad accorgersi per primo dello sconcertante fatto che nel Paese del massimo sforzo produttivo e industriale c'era un povero ogni sei abitanti mentre in Spagna e Portogallo, dove il processo era appena agli inizi, la proporzione era di 1 a 25 e che nei Paesi e nelle regioni non ancora toccate dalla Rivoluzione industriale non c'erano poveri. Perchè è la ricchezza dei molti, alzando il costo della vita, a rendere poveri tutti gli altri. Che è quanto sta accadendo oggi in Russia, in Cina, in Albania, in Afghanistan e persino in Italia.

26 commenti:

Anonimo ha detto...

Diventa sempre più interessante visitare questo blog,soprattutto se compaiono scritti come questo che non possono che aiutare a fare chiarezza."Rivalutare il medioevo",è già di per se una sfida non da poco per chi ha la mente indolenzita dalla modernità imperante e soffocante.Karl Popper un filosofo(?!?!)liberale,stramalediva tutto quello che era in qualche maniera "antico",e sosteneva la bizzara teoria della "società aperta".Tutto quello che aveva avuto a che fare con i secoli bui,andava buttato,compreso anche il motivo religioso e sacrale.Tale e quale o quasi a Karl Marx...In fondo liberalismo e comunismo non sono la due faccie della stessa medaglia?....Ecco perchè sono favorevole a rivisitare il medioevo,anzi,non ne vedo altre di alternative.Ma per farlo occorre guardare la modernità con occhi diversi,bisogna avere il coraggio di pronunciare eresie,andare a scoprire i grandi temi che ruotano attorno all'uomo,e,al suo stare al mondo.Realisticamente però occorrono armi nuove che non l'illusione del denaro,del potere, della violenza o dell'ideologia:ma non sono nemmeno quelle del pressappochismo interiore,yanto care ad esempio agli adepti della new age.Sono le armi della Tradizione ovvero di chi crede nell'imperituro e non nel transeunte,di chi ritiene che la "causa della vita sia più importante delle infinite cause della vita",e soprattutto di chi vuol conoscere se stesso a tutti i costi....CARMELLI SIMONE

____ ha detto...

Simo, sei diventato il pensatore eretico della Destra legnaghese.
Ho sostenuto anch'io, in passato che liberalismo e comunismo siano due faccedella stessa medaglia.
Dopo una seria riflessione oggi non lo sostengo più.
Prechè il liberalismo non pensa che l'uomo sia materia storica, non ne vuole soffocare i sogni e le idee.
Non è un tema facile e non ho il tempo sufficiente per svilupparlo.
Sono sicuro che Federico saprà dare un quid pluris su tali problematiche

Anonimo ha detto...

Caro Paolo,l'etichetta di pensatore eretico non mi dispiace,anzi la rivendico.Ad onor del vero sarei eretico anche se fossi cattolico quindi evidentemente la mia è una missione.Sono in corrispondenza con Anna K Valerio la responsabile culturale delle edizioni di AR,quelle di Franco Freda.Anna è una filologa classica,studiosa eretica del pensiero di Nietzsche,mentre io per un capriccio della storia(diciamo così),non ho nemmeno preso la maturità.Ebbene devo dire che da questa posizione,ho potuto affrontare tutti i mari 'possibili,ed ho potuto scrutare orizzonti ad altri inacessibili.In effetti se ci penso,è vero quello che mi ha detto lei.Non ho in effetti bisogno dei titoli che questa "rebubblichetta" bastarda mi può dare.A volte mi viene la tentazione di recuperare il tempo perduto,ma perchè?...sono un predestinato.Avessi continuato adesso sarei un' altra cosa,mentre bisogna saper accettare quella che è la nostra missione.Lo spirito esiste,è serve da traccia alle forze della resistenza e del risollevamento:io lo chiamo"spirito legionario".E'l'abitudine di chi sceglie la via più dura,di chi combatte sapendo che la battaglia è materialmente perduta.Ma come dicono i versi di un'antica saga norrena:"FEDELTA' E' PIU' FORTE DEL FUOCO".....Non vorrei averti annoiato,ma mi ha fatto piacere che tu mia abbia definito eretico,ecco il motivo di questo "escursione".Ti consiglio di ripensare alla duplice faccia di liberalismo e comunismo,e comunque ben venga il confronto con chiunque....CARMELLI SIMONE

MSU Ferrara ha detto...

Ciao Paolo! Bel Blog complimenti. Due cose: 1)tienimi aggiornato quando decidi di fare qualcosa di attivo per legnago (ti ricordi di sabato pomeriggio?) 2)visita il mio blog http://msuferrara.blogspot.com e lascia un commento. P.S.: Carmelo sei il migiore!

____ ha detto...

Un grande grande abbraccio a Simo e a MSU Ferrara e grazie del sms.
In questi giorni sarò alle prese con un lavoraccio quindi non visiterò troppo spesso questo blog... Ma voi discutete.

Anonimo ha detto...

Illuministi, gli antenati di Hitler?

Com’è noto, le uniche radici su cui si è voluta fondare la Costituzione europea sono, rigettate le cristiane, quelle illuministiche. Andando a vedere le carte, scopriamo, in detto Illuminismo, una sorta di schizofrenia basilare: da una parte, entusiasmi per il mito del «buon selvaggio»; dall’altra, l’invenzione delle «razze» e delle classifiche tra esse.Lo storico francese Jean de Viguerie (su «Nova Historica» )si è accorto che proprio grazie agli Illuministi settecenteschi quelli che fin lì erano stati solo «popoli» divennero d’incanto «razze».Il primo fu il solito Voltaire nell’Essai sur les moeurs del 1756: «Solo un cieco può mettere in dubbio che i bianchi, i negri, gli albini, gli ottentotti, i lapponi, i cinesi e gli americani siano razze completamente diverse». E dire che, per Montesquieu, i «persiani» erano molto più civili dei francesi. Forse perché «ariani». Ma sentiamo cosa pensa Voltaire degli africani: «Gli occhi tondi, il naso camuso, le orecchie dalla strana conformazione, i capelli crespi e il livello della loro intelligenza producono tra loro e le altre specie di uomini una differenza sorprendente». Nel suo Dictionnaire philosophique del 1764, alla voce Juifs, così si legge degli ebrei: «Un popolo ignorante e barbaro, che coniuga da lungo tempo l’avarizia più sordida alla superstizione più odiosa e all’odio più irrefrenabile per i popoli che li tollerano e li arricchiscono». Sia lui che il naturalista Buffon (George-Louis Leclerc, conte di) disprezzavano anche i contadini del Nord francese, «zotici che vivono in capanne con le proprie donne e qualche bestia», inferiori perfino agli indiani «del Canada e i cafri». Per Buffon erano tutti «grossolani, pesanti, mal fatti, stupidi», con donne «quasi tutte brutte». Commenta Respinti: così ammaestrati, «i giacobini del 1793-1794 ci metteranno poco a decretare lo sterminio totale della race maudite della Vandea». Infatti, Vandea, Bretagna, Anjou, Poitou e Maine costituivano il Nord della Francia d’Ancien Régime, e si ribellarono alla Rivoluzione in nome del cattolicesimo.Il «vescovo» scismatico Baptiste-Henry Grégoire, pezzo grosso giacobino, pubblicô nel 1788 addirittura un Essai sur la régéneration physique, morale et politique des Juifs, nel quale asseriva che gli ebrei «esalano costantemente cattivo odore e sono piante parassite che succhiano la sostanza dell’albero al quale si attaccano finendo con esaurirlo o distruggerlo».Fu il pastore protestante Jean-Henry Formey a stilare la voce Nègre sull’Encyclopedie e a chiarire che «se ci si allontana dall’Equatore verso l’Antartico il nero si schiarisce ma la bruttezza rimane». Per Claude Delisle de Sales (De la philosphie de la nature, traité de morale pour l’espèce humaine, 177) i lapponi sono «aborti della razza umana» e gli ottentotti «hanno qualcosa della sporcizia e della stupidità degli animali che rigovernano»; per Buffon, questi ultimi «sono un popolo spregevole». Per Voltaire (Dialogues et anedoctes philosophiques, 1768), gli albini, «la natura li ha forse collocati dopo i negri e gli ottentotti, e sopra le scimmie». Ne ha anche per gli indios del Brasile (alla faccia del «buon selvaggio»): «Il brasiliano è un animale che non ha ancora raggiunto la maturazione della propria specie». Ma l’ossessione di tutti costoro (e del loro «braccio armato», i giacobini) pare fosse la régéneration, che dalla «filosofia» fece presto a passare all’antropologia e alla politica. Faremo della Francia un cimitero piuttosto che non rigenerarla a modo nostro, disse infatti uno del caporioni sanculotti durante il Terrore. Respinti cita a proposito l’Essai d’éducation nationale (1763) di Louis-René Caradeuc de La Chalotais, nel quale l’autore si chiedeva: «Esiste un’arte per cambiare la razza degli animali, non ce ne sarebbe una per perfezionare quella degli uomini?». Sempre Respinti fa notare che fu il cugino di Darwin, sir Francis Galton, a rispondergli nel 1883, coniando un termine che il nazismo farà suo: eugenetica. Abbiamo visto cosa pensavano delle «differenze» gli Illuministi settecenteschi, il più delle volte taciuto nei principali libri di storia.

Anonimo ha detto...

Intanto un saluto a tamburo,dopo se ho tempo vado a visitare il tuo bliog.A Paolo devo dire che forse non si aspettava nemmeno lui una discussione del genere:Mi prendo una parte di "merito",e comunque sarebbe bello non disperdere tanta fatica.L'importante è poter dire cose sensate,rispettando l'opinione di tutti e finora mi pare che ci stiamo riuscendo.All'amonimo che ha lasciato l'ultimo messaggio dico che il razzismo biologico è altresì figlio dell'illuminismo e del positivismo,non ha caso i vari De Gobineau,Chamberlain,Rosemberg, erano piuttosto disprezzati da un certo Julius Evola.Certo il razzismo spirituale può anche andare alla deriva di fronte alle evidenti differenze fra le razze,differenze accentuate anche dal tipo di habitat su cui vanno ad intervenire.A questo proposito non è un caso che con il surriscaldamento del pianeta,la razza bianca sia in pericolo:Avanti di questo passo non ci sarà posibilità di scampo...si potrebbe dire oltre al danno la beffa...Sulle presunte radici cristiane dell'europa, voglio ricordare che quando Carlo Magno sottomise i sassoni e ne bruciò l'albero sacro "yggdrasil",ovvero l'asse del mondo,a cui fu appeso Odino per 9 giorni,ecco,se questo dovesse essere l'intento di un'europa Cristiana e laica di farne il referente,io sono tra quelli che vogliono testimoniare la possibilità di un'altra Europa.Anzi,una Europa altra,che affonda le sue radici nella tradizione primordiale,un'Eurasia che risollevi l'irminsul nella terra degli avi.....CARMELLI SIMONE

Anonimo ha detto...

Caro Paolo, non è da te dimenticare di citare la fonte, questo pezzo è di Massimo Fini, pubblicato su "Il gazzettino" il 21 marzo del 2008.

Anonimo ha detto...

Giusto per buttare lì anche il mio contributo, direi che, volendo parlare per slogan (volendo essere, dunque, estremamente banale), il liberalismo è la dottrina di chi la libertà l'ha già, gli altri si arrangino. La mano invisibile smithiana o l'altra fandonia della trickle down economy di reaganiana memoria (e per dire quanto Veltroni sia comunista, questa sembra essere una dottrina che gli è cara) hanno fallito. Parliamo, invece, di socialdemocrazia. Sì, perché parlare in Italia di comunismo, scusami, ma mi sembra strumentale e frutto di mala fede. Nessuno, tra i corifei piciisti, aveva davvero in mente di abolire la proprietà privata. Il Pci è sempre stato una forza socialdemocratica. La socialdemocrazia, dunque, pur nella sua sostanziale ambiguità di insieme d'idee finalizzate a far digerire alle masse con il miele del welfare l'intrinseca ingiustizia del capitalismo, aveva lo scopo d'instaurare la libertà sostanziale. Nelle parole di un socialista doc come Pertini, "chi si trova nel bisogno non potrà mai essere libero". L'idea dell'affrancamento delle masse dalla schiavitù del bisogno è stata trangugiata a forza dall'establishment capitalistico, ma è servita a garantire la crescita economica, poiché veniva garantito alle masse un tenore di vita sufficiente ad alimentare i consumi. Dopo il 1989 si è imposto, invece, il pensiero unico neoliberista, che farà tornare la società ai "fasti" del XIX secolo borghese-liberaldemocratico. E lo farà senza capire che il pensiero razionale dell'homo oeconomicus, che ha come obiettivo la massimizzazione ad libitum della propria utilità, non è rispettoso della capacità di sopportazione delle risorse del pianeta; senza contare che la concezione del perseguimento a ogni costo dell'interesse individuale, oltre ad andar contro a ogni minimo scrupolo solidaristico (per chi, si capisce, ha di questi scrupoli), aumenterà ancor di più il divario tra Nord e Sud del mondo.

Ora, se il liberalismo è una dottrina fallimentare, se la socialdemocrazia è intrinsecamente ambigua e sostanzialmente borghese, perché è volta soltanto a pacificare lo scontro sociale, a che ideale ci appiglieremo? Di certo non a uno dei partiti obsoleti e polverosi che si sono presentati alle ultime elezioni. Non esiste differenza, se non di colore, tra loro, giacché tutti concordano sul fatto che l'economia deve crescere. E qui sta il busillis! Non esiste alternativa in Parlamento perché nessuno si pone il problema di un nuovo modello economico. Intellettuali come Serge Latouche o Nicholas Georgescu-Roegen hanno parlato di decrescita. Questa potrebbe essere un'alternativa. Per adesso, però, rimane solo un motivo di discussione durante qualche cocktail accademico, e niente più.

Saluti

____ ha detto...

Bravo a chi mi ha fatto ricordare la fonte. Un grazie allora all'amico Massimo Fini anche per l'ospitata di qualche tempo fa ad orari non proprio canonici!
P.S.
Non ho inserito la fonte perché la citazione mi era giunta per mail da un amico che, evidentemente non vuole esporsi.
E non lo vuole fare perché per fare il proprio lavoro ha bisogno proprio di quegli ex comunisti (che ex lo sono solo nelle scritte delle tessere) così buoni e umani...

Anonimo ha detto...

Voglio concedermi una divagazione,ma nenmmeno troppo.La democrazia non ha fatto la sua omparsa nel 1789,ma costituisce fin dai tempi delle città greche e delle antiche "libertà" germaniche,una tradizione costante in europa.Essa non è ne "popolare" come si definivano quelle dell'est europa,ma nemmeno può essere regime dei partiti,o,sterile stato di diritto liberale.La maggioranza che esce dalle elezioni politiche non è necessariamente espressione della verità:E'semplicemente un modo per assicurare per quanto sia possibile,un'unica visione delle cose tra gli elettori ed i governanti.Io credo che democrazia voglia dire capacità di un popolo di agire politicamente nella sfera della vita pubblica.Altrimenti meglio starsene a casa.Oggi "democrazia" significa,prepotenza,dittatura di lobbies economiche,ecc.Per non parlare dei moderni partiti,oramai tutti riformisti,tutti "liberali".Prendere il potere oggi in democrazia,non equivale a niente.Il pensiero unico produce individui isolati,sradicati,e dunque vulnerabili.Per sfuggire a questo destino dobbiamo riscoprire le tradizioni,riappropriarci dei grandi momenti dell'esistenza,alimentando l'immaginario simbolico,tenendo così vivo il legame sociale.Così facendo non saremo mai immobili,ma in perenne "vero" movimento

____ ha detto...

Mah.. io non sarei così pessimista.
Un abbraccio

Anonimo ha detto...

Ricambio l'abbraccio...simone

____ ha detto...

Simo hai un sacco di idee forti. Probabilmente è proprio il caso di imbastire un giornaletto. Ne riparliamo.
Sarebbe un peccato disperdere così tanta passione

Anonimo ha detto...

Un giornaletto sarebbe l'ideale anche per dimostrare che non temiamo affatto l'egemonia culturale della sinistra ...anzi.Ti immagini la reazione delle "anime belle" del centro-sinistra..e affini.....un abbraccio..simone

____ ha detto...

Sinceramente ho sempre creduto che fosse la sinistra ad avere timore della nostra preparazione culturale e non il contrario

Anonimo ha detto...

Caro Paolo,conoscendo un po' i personaggi,ti assicuro che nei confronti del centro-destra dal punto di vista culturale,non solo non ci considerano,ma non ci ritengono in grado di fare niente che non sia attività politico-pragmatica....certo non tutti,ma una grandissima parte.

____ ha detto...

E è la riprova che gli ignoranti sono loro.
Poi qui si va a sensazioni e io non mi sono mai sentito trattare con sufficienza dai miei avversari... Anzi

Anonimo ha detto...

Caro Paolo,se il centro-destra politico vince,rompe i confini,sfonda nell'elettorato ecc,la destra culturale rimane al palo,perennemente turbata.Quello che mi sono sentito rinfacciare per un po' di tempo,in quanto frequentatore in passato di circoli e "salotti" di sinistra è questo:"Come la mettiamo con l'americanismo che ruba l'anima all'Europa,con l'edonismo che svuota di significato la stessa vita,con l'individualismo massificato che è il prodotto dello sdradicamento universale,insomma con il mercato che celebra il trionfo dell'oro sul sangue?".Appunto, come la mettiamo?.Che c'entra mai Gianfranco Fini con Ezra Pound?,Silvio Berlusconi con Julius Evola?.Niente.Quello che temo caro Paolo è che mentre il centro-destra politico vince,la destra culturale tira il fiato.Anche la sinistra tira il fiato su certi temi.Ma quello che temo è che abituata da troppi anni di egemonia,voglia adesso favorire la nascita di un avversario su misura.Ecco allora la pacca sulle spalle,il riconoscimento del buon lavoro svolto,il rivendicare la necessità del dialogo.Negli anni 80 a destra si inseguiva il miraggio di un "granscismo di destra":ovvero egemonia culturale e distacco dalla politica.Adesso la destra è quasi scomparsa preferendo altri lidi..l'odio per il mercato è tramontato.Ma attenzione:la sinistra non ci darà tregua,è già pronta ad "invadere" Verona per il 25 Aprile,e sarà sempre pronta a rivendicare la sua superiorità...perchè "noi",siamo comunque gli impresentabili....SIMONE

Anonimo ha detto...

Dai Simone che ci salviamo B/=\G...

____ ha detto...

Non esiste solo la cultura - senza dubbio da sempre legata alla sinistra del nostro MSI - del mito incapacitante evoliano e del tradizionalismo.
Esiste anche una cultura di destra conservatrice, che trae fondamento anche da un bellissimo libro di Giuseppe Prezzolini che - se lo trovo - ti porterò.
Troverai forse stimoli importanti e risposte chiare.
Quanto poi ai salottieri che si interrogano su edonismo e capitalismo - domande più che lecite, per carità - rispondo che non è certo il comunismo a rappresentare il sistema soluzione di certe degenerazioni.
E non sono certo i comunisti che hanno costruito la vittoria di Berlusconi per poi godere del frutto avvelenato di aver costruito un avversario fatto su misura.
Anche col complottismo abbiamo passato il limite... E anche con questi poveri derelitti culturali che si sforzano di dar da intendere nel 2008 l'equazione liberazione = resistenza.

Anonimo ha detto...

Caro Paolo,non perdiamo tempo a parlti parlare dei comunisti,sennò poi pensano che siamo ossessionati da loro.E almeno nel mio caso non è proprio così.Parliamo invece di Prezzolini.Ti confesso che non mi piace,ovvero, mi piacciono alcune sue considerazioni e previsioni.Prendiamo questa:"L'America dominerà molti paesi;ci dovrà tenere basi aeree,scali navali,e ne vorrà regolare,a proprio piacimento e vantaggio,la vita economica;dovrà influenzarne la vita politica,la stampa,la radio,la scuola,il cinema.E per fare questo userà zucchero e frusta".La fine dell'Italia e dell'Europa,erano prefigurate con un lucidità che gli riconosco.Altra cosa in cui mi ritrovo è l'idea che lo stato non sia altro che un'associazione obbligatoria.Un'idea così di stato può anche essere l'ideale per un liberale,ma non è certo l'idea di stato che può trovate spazio nel pensiero conservatore,o nelle pur molteplici e variegate "destre".Ma è nel campo della critica al tradizionalismo che non mi piace.Ridurlo ad utopia ignifica negare che ogni destra in differenti gradi e misure,coltiva un riferimento tradizionale,l'evocazione di un'origine e un bisogno di radicamento.Ma se le basi della destra fossero solo quelle indicate da Prezzolini,ovvero fondanti sulla biologia e sulla storia,in che cosa si differenzierebbero qualititivamente dalla sinistra,dal materialismo storico,e dal progressismo?..........SIMONE

____ ha detto...

Appena avrai finito di leggere il manuale dei conservatori a mio avviso avrai un quadro più chiaro di quello che - in breve - ho provato a scriverti.
P.S.
Io desidero uno Stato forte, libero e giusto!
In alto i cuori!

Anonimo ha detto...

Rimango dell'idea che non sia possibile dar vita ad un partito conservatore o che ci assomigli,con il materiale a disposizione....Anch'io sono per uno stato libero,forte,e giusto:Quello PLATONICO.....IN ALTO I CUORI....SIMONE

Anonimo ha detto...

............ANZI....I CUORI SEMPRE PIU' IN ALTO....

____ ha detto...

Simo, lasciatelo dire... Si fa con quello chesi ha.
Sei andato sul blog del nostro comico?