giovedì 17 maggio 2018

Tutte le balle dei “responsabili” svenduti al PD. Puntata 3: Il patto scellerato tra destra e sinistra.


È noto a tutti che la maggioranza deve fondarsi su forze politiche che si riconoscono in un programma politico comune.
Diversamente l’opposizione è costituita da gruppi di diversa estrazione politica. Ci stanno, in buona sostanza, tutti gli sconfitti, ovvero coloro che non si riconoscono più nel progetto dell’amministrazione.
Prendiamo una consiliatura ormai lontana nel tempo. Quella del Sindaco Stefano Flangini: 1997 – 1999.
Nei banchi dell’opposizione sedevano, tra gli altri, per citare i più noti: Damiano Ambrosini (La Rosa – PPI), Silvio Gandini (La Rosa – PPI), Roberto Rettondini (Lega), Alessandro Falamischia (Lega), Gabriella Zanferrari (civica di centro), Luca Bruschetta (civica di centro


).
Ebbene, presentatasi a gennaio ’99 la possibilità di far cadere il Sindaco, per le defezioni del gruppo civico guidato da Renzo Massaron, tutti questi consiglieri, il cui percorso politico ha poi corso su rette parallele che mai si sono incontrate, non hanno esitato ad offrire contestualmente, in seduta consiliare, le proprie dimissioni determinando l’arrivo del Commissario straordinario.
La nomina di questa figura, in carica fino alle elezioni di quello stesso anno, non ha comportato affatto, come si è detto nel precedente post, alcun blocco dell’attività istituzionale.
I consiglieri di diversa estrazione politica, pur d’accordo nel fare opposizione e nel contrapporsi al centrodestra a stampo “Polo”, non si erano certo trincerati dietro presunti interessi principali della Città, anche perché ritenevano – com’è normale in politica – che essi stessi, coi loro gruppi, sarebbero stati i migliori timonieri per Legnago.
Del resto, “Roma non fu costruita in un giorno” e nel lasco di qualche mese – quelli che separano quella e questa amministrazione dalle urne - non è certo possibile rivoltare la Città come un calzino, soprattutto se, per quattro anni, si ha navigato a vista e si è fatto davvero troppo poco.

mercoledì 16 maggio 2018

Tutte le balle dei “responsabili” svenduti al PD. Puntata 2: Il Commissario straordinario come blocco al piano degli interventi e alla farmacia di Terranegra. FALSO

Marconi con Raganà



Marconi contro Raganà
Tra le tante balle assurde offerte per giustificare l’insano triangolo politico tra PD – M5S e scilipotiani (Gardinale e Raganà) spicca per fantasia e presa sul pubblico (per i fondelli, ça va sans dire), quella del blocco delle attività di straordinaria amministrazione in caso di scioglimento del consiglio comunale e di timone assegnato al commissario del Prefetto.
Infatti, quest’ultimo, quale organo straordinario preposto alla gestione, ha tutti i poteri spettanti agli organi comunali disciolti (Sindaco, Giunta, Consiglio comunale; basti pensare che a Legnago, durante il commissariamento tra il 98 e il 99 partì il primo stralcio del restyling del macello comunale ottocentesco che oggi ospita alpini e croce verde).
E nell’esercizio di tali poteri il commissario può adottare ogni provvedimento ritenuto non solo necessario ma anche utile, compresa l’adozione del piano degli interventi in relazione al Pat e relative varianti, compresa la revisione della pianta organica delle farmacie.
Ciò senza convocare un consiglio comunale che ormai è ridotto ad una commedia degli equivoci.
Quindi, non è vero – se avevate qualche dubbio – che Gardinale, Raganà e Castelletto, tengano in piedi l’amministrazione per l’interesse pubblico generale. Semmai, invece – qualora si scartasse l’ipotesi di un loro abbaglio politico – amministrativo - per particolari interessi politici non ancora chiari.


I riferimenti normativi: Costituzione, art. 120; T.u.e.l., art. 141;
I riferimenti giurisprudenziali:

T.R.G.A. Trentino-A. Adige Bolzano, 10/02/2017, n. 59
I poteri del Commissario straordinario, nominato ai sensi dell’art. 141 D.Lgs. n. 267/2000 (T.U. Enti locali), si estendono a tutti gli atti di gestione dell’ente, siano essi di ordinaria o di straordinaria amministrazione.

T.A.R. Sardegna Sez. I, 15/03/2014, n. 215
La giunta comunale è competente alla adozione della proposta di revisione della pianta organica delle farmacie, infatti, la giunta ha competenza residuale per gli atti di amministrazione non riservati al Consiglio e che non rientrino nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del Sindaco, del Presidente della Provincia, degli organi di decentramento, del segretario o dei funzionari dirigenti. Tale competenza della giunta ha carattere generale e si estende anche alle ipotesi in cui norme anteriori prevedevano, in modo espresso, la competenza consiliare, essendo esse mera espressione dell'opposto principio, prima vigente, della generalità e residualità della competenza consiliare e della specialità e tipicità di quella giuntale. Che la competenza ad adottare gli atti di revisione della pianta organica delle farmacie (anche alla luce della nuova L. n. 27/2012) spetti alla giunta comunale non è quindi revocabile in dubbio. Altrettanto pacifico, naturalmente è che, se il Comune è commissariato, tali atti debbano essere adottati dal Commissario straordinario.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
Campania - Napoli: I Sezione, 7 ottobre 2004, n. 13585: Il commissario prefettizio, quale organo straordinario preposto alla gestione , ha tutti i poteri spettanti agli organi comunali disciolti. Nell’esercizio di tali poteri il commissario può adottare ogni provvedimento ritenuto non solo necessario ma solo utile, compresa l’adozione di una variante al piano regolatore generale. 

martedì 15 maggio 2018

Santi vs Mascolo. Perché il Paschi ha ragione



Torno a parlare ai miei venticinque lettori del consiglio comunale di Legnago.
In particolare qui rifulge la stella di Luigi Santi, consigliere PD noto alle cronache per aver richiesto la nomina dei propri figli tra gli scrutatori nonché per le infelici battute che non fanno ridere nemmeno gli inglesi.
Ebbene, il Santi, accorto
si che il Presidente del Consiglio Comunale, il giovane Giovanni Mascolo, non era più in linea con l’amministrazione, ha invocato la sua revoca, subito sostenuto dall’altro savio di Palazzo de Stefani, il grillino Castelletto.
In una girandola di sentenze di Tar e di Consiglio di Stato sparate alla maniera della super cazzola, il consigliere del PD non si è accorto di essere completamente fuori strada.
Infatti, come dovrebbero sapere tutti coloro che calcano le pedane dell’ultimo dei consigli comunali (basterebbe leggere l’art. 39 Tuel), l'atto di revoca del Presidente del Consiglio Comunale è legittimamente assunto qualora - oltre che da motivazioni strettamente politiche - sia assistito dal comprovato cattivo esercizio delle funzioni del medesimo, in punto di neutralità e correttezza della condotta istituzionale.
Insomma, qualora Paschi venisse revocato dalla nuova strana maggioranza PD + “scilipotiani”, egli potrebbe con ottime prospettive ricorrere al TAR Veneto per essere reintegrato, con vittoria di spese.
Infatti, andando oltre agli aspetti meramente politici che si esauriscono nell’ambito della contrapposizione politica, il Tribunale dovrebbe valutare la legittimità formale del provvedimento di revoca.
In altre parole, la revoca sarebbe legittima solo se supportata da dimostrate circostanze relative all’inidoneità di Mascolo a ricoprire la carica, alla sua scorrettezza e parzialità nel presiedere l’assemblea.
Il regolamento consiliare legnaghese non disciplina la revoca del Presidente del Consiglio comunale per cui è lecito ritenere che la mozione di revoca possa essere presentata anche solo dal consigliere Santi (o magari dall’accoppiata Santi – Castelletto).
Auguri.


Lo strano triangolo PD – M5S – “responsabili” che salva il PD a Legnago


La Giunta PD è salva. Per ora. Ma il Sindaco Scapin sta come d'autunno  sugli alberi le foglie.
In consiglio comunale è andato in scena il classico teatrino (io ho potuto soffermarmi solo per una ventina di minuti, avendo le prove di teatro; cultura da parrocchia, certo, m
a meglio sempre il teatro del teatrino politico).
il messaggio whatsapp di Gardinale pro dimissioni
La maggioranza con cui il PD ha vinto le elezioni quattro anni fa è svanita. E i dissidenti passano in minoranza.
la dichiarazione di Gardinale contro le dimissioni
Poco male, grazie al Richelieu Claudio Marconi, se ne forma un’altra. Durerà poco, forse, ma quanto basta perché si abbia da “passà 'a nuttata”.
I Consiglieri Raganà, Gardinale e Castelletto rinverdiscono i fasti dei “responsabili” alla Scilipoti.
E quel che è accaduto è a dir poco degno di House of Cards.
Erano – e lo sono ancora (c’è tempo fino a giovedì mattina per sottoscrivere e protocollare in Comune ex art. 141 e 38 co. 8 Tuel) – pronte le dimissioni da sottoscrivere da parte della metà più uno dei consiglieri per mandare a casa l’amministrazione.
Erano tutti d’accordo.
Addirittura Gardinale voleva affrettare i tempi come si evince dal suo messaggio whatsapp. Se questa è coerenza io sono Padre Pio!
Cosa poi sia successo non è dato di capirlo ai comuni mortali, alle persone semplici – come me - che ancora credono che l’opposizione non debba fare la stampella della maggioranza.
L’intervento del pentastellato Castelletto ricalca in pieno lo scritto che aveva letto poco prima il Sindaco Clara Scapin, se non fosse per qualche sprazzo grullino che lo rende a tratti aporistico.
In pratica il grillino, dopo aver passato in rassegna tutte le opere ancora da realizzare (e sulle quali era stato in precedenza fortemente critico), afferma che le dimissioni ultra dimidium – modalità prevista dalla legge per lo scioglimento del consiglio comunale – sono un rimedio da Prima Repubblica, da “affaristi della politica”: lui vuole rimanere in minoranza pur appoggiando il governo della maggioranza.
Peccato sia lo stesso sistema utilizzato in altri mille casi - in primis a Roma per mandare a casa Marino - dagli stessi pentastellati che ora governano la Città eterna. Ma forse a Castelletto non interessa provare a vincere. Boh!
Il suo discorso sconclusionato e senza logica viene applaudito dalla sinistra; addirittura l’ineffabile consigliere piddino Luigi Santi invita il pentastellato a sedersi tra le fila della maggioranza, tra le risate a crepapelle del pubblico.
Sia chiaro. Il tema della scuola Media Barbieri non c’entrava più un fico secco.
La delibera era già stata approvata.
Ma i “responsabili”, con l’uscita dall’aula di Raganà e Gardinale e il voto favorevole di Castelletto, ha approvato persino il rendiconto del bilancio (in minoranza, prima, avevano tutti espresso voto contrario al bilancio di previsione che ne era l’atto presupposto).
Ciò affinché il PD non cada. Perché anche la mancata approvazione del rendiconto poteva portare, con tempi più lunghi, al Commissario.
Quanto al centrodestra va ammesso – a malincuore - che è frantumato in mille pezzi.
Non so quanto potrà ancora durare la liaison tra il M5S, gli scilipotiani e il PD.
Credo comunque che, a meno di un coinvolgimento in incarichi di governo - con necessario spostamento dei “responsabili” tra i banchi della maggioranza - PD & Co. faranno davvero fatica a programmare le iniziative amministrative da qui alla scadenza elettorale.
Ma si sa, la programmazione non è mai stata il piatto forte dell’attuale maggioranza.