Novità da Palazzo Chigi:
entra in vigore oggi, 26 marzo, il D.L. 25 marzo 2020, n. 19.
L’art.1, la copertura
normativa per i prossimi decreti.
Col primo articolo, nell’ottica di offrire copertura a
futuri DPCM e ordinanze ministeriali, si precisa che le misure limitative alla
circolazione e le altre varie chiusure / sospensioni di attività che già
conosciamo potranno trovare applicazione per periodi predeterminati di un mese
ciascuno fino al 31 luglio, con possibilità di reiterazione e modificazioni con
maggior o minor forza restrittiva delle liber
tà individuali – anche con
differenze territoriali - in proporzione all’andamento epidemiologico.
I Prefetti, in raccordo informale con le parti sociali
interessate, potranno imporre, per tutta la durata dell’emergenza, lo
svolgimento delle attività non sospese – e che evidentemente avessero deciso
autonomamente di chiudere - ove ciò risulti assolutamente necessario in ragione
della pubblica utilità.
L’art. 2, le modalità
di adozione dei nuovi provvedimenti e l’ultrattività dei precedenti.
Il secondo articolo specifica che le misure restrittive
verranno adottate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri; detta inoltre
le forme di raccordo con altri ministeri o rappresentanti locali (regionali o
delle province autonome) che potranno essi stessi proporre l’adozione di DPCM,
volendo evidentemente limitare il “protagonismo sparso” degli enti locali.
Nei casi di estrema necessità e urgenza anziché procedere
con un DPCM, lo stesso Ministro per la Salute potrà adottare le medesime misure
ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
E i vecchi decreti e le vecchie ordinanze? Avranno vita
breve, ancora dieci giorni, ma per questo lasco di tempo i loro effetti sono
salvi (sempre che in questo periodo non venga emanato un DPCM).
Probabilmente in ragione delle polemiche politiche, i nuovi
provvedimenti verranno comunicati alle Camere il giorno dopo la loro
pubblicazione, con onere per il Presidente Conte o per un suo ministro
delegato, di riferire al Parlamento ogni quindici giorni.
L’art. 3, un freno al
protagonismo di Sindaci e Presidenti regionali.
Il terzo articolo si occupa delle misure assunte dalle
regioni e dai Sindaci.
Non è stata esclusa tout
court la possibilità per le regioni di intervenire con provvedimenti ulteriormente
restrittivi, ma solo per aggravi di specifici rischi nel loro territorio e sino
all’adozione dei nuovi DPCM ma solo nell'ambito delle attività di loro
competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza
strategica per l'economia nazionale.
Anche i Sindaci potranno continuare ad emanare ordinanze
contingibili e urgenti, ma queste avranno da ritenersi inefficaci se
contrastanti o eccedenti i limiti delle misure statali.
L’art. 4, dall’ammenda
alla sanzione amministrativa retroattiva e possibile utilizzo dell’esercito.
L’art. 4 segna la svolta in materia di sanzioni e controlli:
“Salvo che il fatto costituisca reato, il
mancato rispetto delle misure di contenimento” sarà punito con la sanzione amministrativa
del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000. Escluso, dunque, che d’ora
in poi, anche con riferimento alle attuali disposizioni restrittive, in caso di
violazione, si applichino le sanzioni contravvenzionali previste dall'articolo
650 del codice penale. Peraltro la penalità sarà aumentata fino ad un terzo se
l’infrazione verrà commessa con l’uso di un veicolo. Via libera in tal senso alla retroattività. Tuttavia per le violazioni già commesse si applicheranno le sanzioni nella misura
minima ridotta alla metà.
Per chi dovesse tenere aperto un esercizio con attività
sospesa si applicherà inoltre la sanzione accessoria della chiusura dell'esercizio
o dell'attività da 5 a 30 giorni.
Col passaggio dalla misura penale a quella amministrativa
cambierà ovviamente il soggetto che deve accertare la sussistenza della
violazione: in caso di violazione di una norma contenuta in un atto
governativo, vi provvederà il Prefetto; per i provvedimenti di governatori e
sindaci la competenza sarà rispettivamente della regione e del comune.
Per l’avvio del procedimento di contestazione delle presunte
violazioni e per i ricorsi, giusto il disposto dell’art. 103 del decreto legge
17 marzo 2020, n. 18, non si computano i termini sino al 15 aprile.
Prefetti, Sindaci e autorità regionale potranno
cautelarmente disporre, quindi in via provvisoria, la chiusura dell’esercizio
per non più di 5 giorni, termine da scomputarsi dalla corrispondente sanzione
accessoria definitivamente irrogata.
In caso di reiterazione della medesima violazione, la
sanzione amministrativa sarà raddoppiata, quella accessoria applicata nella
misura massima.
Specifiche misure, poi per chi non rispetta la quarantena in
forza di riscontri positivi al virus: se il fatto non costituisce violazione
dell'articolo 452 del codice penale (Delitti colposi contro la salute pubblica)
o comunque più grave reato, scatterà la sanzione prevista dall'articolo 260 del
regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 e successive modifiche, ovvero con l'arresto
fino a sei mesi e con salatissima ammenda (se il fatto venisse commesso da
persona che esercita una professione o un'arte sanitaria la pena verrebbe
aumentata).
Per quanto di limitata utilità (ricordiamo che per gli atti
non urgenti l’attività dei Tribunali è stata sospesa fino al 15 aprile) il
nuovo testo normativo disciplina - ai sensi degli artt. 101 e 102 del Decreto
legislativo del 30/12/1999 N. 507 - il caso in cui i procedimenti penali per l
violazioni in parola siano stati definiti con sentenza di condanna o decreto
irrevocabili: il giudice dell'esecuzione dovrà revocare la sentenza o il
decreto dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato; in ogni
caso l'autorità giudiziaria, entro novanta giorni, disporrà la trasmissione
all'autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali
relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi (salvo che il reato
risulti prescritto – impossibile - o estinto per altra causa – la morte della
persona interessata - alla medesima data).
Possibile utilizzo dell’esercito.
Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell'interno,
potrà assicurare l'esecuzione delle misure avvalendosi anche delle Forze
armate, sentiti i competenti comandi territoriali.
Quindi i militari impiegati a tal fine, con provvedimento prefettizio
saranno qualificati come agenti di pubblica sicurezza.
Artt. 5 e 6,
abrogazioni ed entrata in vigore del nuovo decreto
Quanto alle disposizioni finali, l’art. 5 espressamente
abroga il precedente decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni,
dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ad eccezione degli articoli 3, comma 6-bis, e
4.
Il comma 6 bis dell’art. 3 è di attuale importanza per
quanto attiene ai contratti, giacché sancisce la non imputabilità della mancata
sua prestazione in caso di inadempimento contrattuale dovuto al rispetto delle
misure di contenimento, anche in riferimento all’applicazione di eventuali
decadenze o penali.
L’art. 4 del vecchio decreto, invece, quantificava le
disposizioni finanziarie per far fronte agli oneri derivanti dallo stato di
emergenza sanitaria.
È stato altresì abrogato – perché il contenuto della norma è
stato ampiamente richiamato dal nuovo decreto legge - il disposto dell'articolo
35 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, che vietava ordinanze sindacali o le
dichiarava inefficaci, laddove queste avessero affrontato l’emergenza attraverso
provvedimenti in contrasto con le misure statali.
Infine l’art. 6 dispone l’entrata in vigore del nuovo
decreto legge dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quindi è entrato in vigore oggi,
26 marzo 2020.