domenica 17 ottobre 2010

DAI LAVORI DEL CONVEGNO "LEGNAGO VERSO IL PAT"


“Senza smanie espansionistiche, attaccata alla terra fertile e un po’ malsana, sebbene in continua guarigione, paga dei suoi tranquilli commerci, dei suoi tramonti incantevoli, del suo paesaggio senza confine, chiusa nella quieta operosità del suo artigianato, Legnago è la tipica città di provincia, dalla piazza vasta e dalle vie strette e tortuose, ove ogni casa par cresciuta per conto suo, incurante della vicina, or sorpassandola per vanità, or arretrandosi per comodità. Città che il turismo trascura, che le grandi linee ferroviarie hanno dimenticato, e che ha tratto perciò tutto da sé stessa, con una grazia campagnola e una sincerità bonaria non prive a volte d’un certo sussiego, quasi di piccola capitale”



Così Giovanni Cenzato sul Corsera nel 2 agosto 1941 ritraeva Legnago. La nostra Legnago.
Di anni da quell’articolo ne sono trascorsi molti. E sono stati licenziati, dalle amministrazioni che si sono succedute nel tempo, tre piani regolatori.
Della Legnago originale, quella della Rocca, che nasceva come fortezza medioevale, non sono rimaste che poche tracce. Stretta com’era tra i bastioni che cercavano di addomesticare il nostro Adige, rassomigliava assai a quel modello urbanistico che Francesco di Giorgio Martini, nel suo trattato di architettura civile e militare , avrebbe recepito come città ideale.
Nel corso del tempo quella forma si è dissolta. Il Fiume – come ha affermato il Professor Renato Bocchi – ha ritrovato un ruolo protagonista e lo spazio circostante ha acquistato un valore positivo per lo sport e il tempo libero.
La spontaneità edificatoria che ha contraddistinto Legnago per tanti anni rende impossibile immaginarla come città ideale. Il modello da acquisire è, semmai, legato ad una visione plurale. Dobbiamo dunque declinare il territorio passando dai principi euclidei alla geometria frattale; in altre parole programmare meno per aree e più per punti e linee.
A tal riguardo, dal convegno svoltosi sabato 16 ottobre al Centro Ambientale Archeologico, sono emersi spunti di grande rilievo.
La sfida è di quelle importanti: dopo i PRG del 1990 e del 2007, oggi Legnago ha la necessità di uscire dai suoi confini storici e “piccinatiani” affrontando i problemi di un’espansione che ha lasciato “buchi” nella pianificazione e con la missione di offrire caratteri di interesse per insediamenti di aziende e, quindi, di nuovi abitanti.
Il partner del Comune in questa nuova avventura chiamata PAT è l’Università di Architettura di Venezia, lo IUAV.
E Il comitato scientifico con a capo il Prof. Enrico Fontanari - e che fa perno in principalità sugli architetti Sara Marini e Alberto Bertagna – ha le idee assai chiare sul modus operandi: meno pesantezze burocratiche(e qui, grazie alla Regione Veneto, potremmo attingere a piene mani informazioni dal quadro conoscitivo del Piano d’Area delle Pianure e Valli Grandi Veronesi), più attenzione alla conoscenza delle componenti di origine naturale e antropica che rappresentano le risorse identitarie della nostra Città.
Il tutto passa attraverso una chiave di lettura che può sintetizzarsi nelle tre “P”: Paesaggio – termine che dopo la convenzione europea dedicata da elemento semplicemente contemplativo è divenuto componente da integrare nelle politiche di pianificazione – Progetto e Partecipazione, quest’ultima da esplicarsi attraverso forum specifici per le singole categorie.

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