mercoledì 4 aprile 2012

The Artist. Ritorno al Novecento


Ritorna il Novecento al cinema ed è immediatamente uno strabiliante successo. Ho avuto l'onore di andare ad assistere alla proiezione del film francese, “The Artist”, assoluto protagonista dell' 82° notte dei premi Oscar; devo ammettere che erano anni che non assistevo alla proiezione di un autentico capolavoro, un gioiellino per lo spirito e per il palato gustativo. Nell'epoca del 3D, di internet, Facebook e Twitter, della robotica, di Sky e dei digitali terrestri; Hollywood ha, giustamente, premiato un film muto ed in bianco e nero. La storia di George Valentin, il grande divo del cinema muto, magistralmente interpretato da Jean Dujardin, è uno specchio dei più comuni stati emozionali con i quali si confronta l'uomo. La fama, l'amore, l'ambizione, il successo ma anche il fallimento, la depressione, la caduta, l'angoscia, il tradimento; sono tutti condensati in questa miscela esplosiva di comunicazione e sentimenti che avvolgono, come non mai, lo spettatore in un ancestrale atmosfera dove uno sguardo ed una carezza valgono (e dicono) molto di più degli Avatar, ultima generazione di filmografia pornocratica e tirannica che aveva anestetizzato i cervelli e frantumato l'occhio del cuore con il quale si andava a vedere un'opera cinematografica. Si può fare egregia cultura filmica anche senza tanti effetti speciali, puntando su bravi attori ma soprattutto su una storia genuina, che sappia rivitalizzare il nostro entusiasmo in un tempo dove i sogni sembrano proibiti e le speranze ridotte all'osso. Gli ultimi esperimenti di cinematografica americana sembravano, malinconicamente, portarsi su altre strade: quella della barbarie tecnicizzata; fortunatamente il regista Hazanavicius ha cambiato direzione e si è cimentato in quel sentiero impervio della ricostruzione del cinema che non parla eppure dice tanto. I 100 minuti di pellicola sono pieni zeppi di comunicazione e di una espressività che sembravamo aver accantonato, per non dire dimenticato, per sempre. “The Artist”, è un omaggio al Secolo scorso, snobbato dal popolo dei cellulari, dalle folle dei satelliti e dai plotoni dell'etere; sullo sfondo si consuma una limpida ed elegante storia d'amore, un'amore discreto, pulito, davvero d'altri tempi. Lo stesso Hazanavicius ha confessato di essersi ispirato ai giganti della cinematografia mondiale: Fritz Lang, Charlie Chaplin, Murnau e Vidor. È un ritorno alle origini, ad un tempo dove l'uomo era ancora protagonista, c'era si miseria di mezzi ma ricchezza nei contenuti e di valori, la vita era paurosamente rude e faticosa ma molto più fascinosa di quella plastificata, liberalizzata, montiana del xxi secolo. In fondo, ed i recenti accadimenti economici e finanziari sono a testimoniarlo, siamo più prossimi ai personaggi della Grande Depressione anziché agli yuppies degli anni '80 ed ai relativizzanti e reganiani anni da “scudo stellare”. “The Artist”, nella sua vetustà, è il più contemporaneo dei film: quante cadute, quanti sogni infranti, depressioni, se non addirittura suicidi di imprenditori a causa dell'inesorabile e cinico trascorrere del tempo e abbandono al suo tragico destino a chi non si amalgama alle sue metamorfosi? Basta poco a stupirci e farci uscire da una sala cinematografia con gli occhi umidi: una storia d'amore, un racconto di come siamo fatti, di quello che ci turba, delle nostre speranze e dei fallimenti. Guardare “The Artist” è come andare a trovare un lontano parente, è un viaggio segreto in un paesino di campagna dove la gente si conosce ancora per nome (e non per titoli accademici e baronali o per professioni). Sono convito che quest'opera farà bene a chi deciderà di abbandonare per un paio d'ore gli spread, le Fornero, le banche, gli I-Pad e la telefonia e ritornerà in pace con se stesso ed i suoi sensi ripercorrendo le strade della cinematografia dei pionieri, filtrando con quel padre (il Novecento) arcigno e severo ma che ci ha fatto crescere e maturare in modo completo, consegnandoci una dignità sociale ed umana molto più profonda e rispettosa di quella che stiamo andando a sputtanare nella vita siliconata del “quarto d'ora di celebrità”. Andate, quindi, cari lettori a vedere “The Artist”perchè non è un film ma un omaggio alla nostra fanciullezza identitaria.

Paolo Cecco

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Un articolo davvero intenso che mi portera' sicuramente al cinema a cercare tutte le emozioni che qui scrivi.. Grazie Paolo C.
Daniela DG

Anonimo ha detto...

Una presentazione eccellente. adesso vado a vederlo anch'io, specie perche' del Novecento, alla soglia dei miei dorati cinquant'anni, penso di portare quasi tutti i vizi ma anche spero qualche virtu'. Giovanni Dalla-Valle

Anonimo ha detto...

Grande paolo cecco
riccardo

Anonimo ha detto...

chi sono "The Artist" ?
i disoccupati, i pensionati al minimo, gli esodati, i precoci, il personale non di ruolo, chi ha il mutuo da pagare, gli usuranti, i mobilitati,
questi sono i veri artisti, o no?

Anonimo ha detto...

Grazie a Voi per la disponibilità e gentilezza ma soprattutto per aver dedicato tempo al mio "polpettone" :)
Rispondo al sensibile " Anonimo": Certo! ed è sempre il Novecento che ci fornisce una illuminante prova, con le innumerevoli storie anche di profonda vicinanza e di affiliazione alle suddette categorie. Mi vengono in mente gli Olivetti e la tutela delle donne e delle madri nelle aziende, il cuore e la genuinità dei polesani nell'alluvione del 1951, la solidarietà degli alpini nel terremoto d'Irpinia, lungimiranti statuti e legislazioni di chiaro stampo Novecentesco volti a tutelare il lavoro, i giovani e le persone più anziane. Secondo il lascito del "Secolo breve", quindi, tra gli "artisti" rientrano a pieno titolo le categorie da te citate. d'altronde lo stesso Novecento è stato un tempo esodato, travolto e travolgente, in un certo senso disoccupato delle categorie concettuali, morali e politiche che da secoli dominavano.

Un caloroso saluto,

Paolo Cecco

Anonimo ha detto...

Bravo, Paolo Cecco. Mi piacerebbe conoscerti meglio. mi trovi in FB e sono sotto le Alpi di nuovo la settimana prossima. A presto, spero. Giovanni Dalla Valle

Anonimo ha detto...

Grazie Giovanni! Ahimè, sono uno dei pochi "indigeni tecnologici" non presenti in Facebook o Twitter. anche a me farebbe molto piacere conoscerti. Appena rientri nella città del Salieri si potrebbe organizzare un incontro con il buon Paolo, magari in compagnia di un buon vinello ;) tienimi aggiornato.

Felice serata,

Paolo Cecco